Debiti da far paura, il crack Evergrande spaventa soprattutto l’economia reale

La vicenda del crack Evergrande sta tenendo in scacco l’intero mondo della finanza da metà settembre. Il colosso immobiliare cinese è sommerso da debiti per 2 trilioni di renminbi (ossia 300 miliardi di dollari), equivalente al 2% del Pil cinese.
Sembra quindi più che giustificato il timore che possa esserci un effetto contagio per molti altri settori.

Spaventa soprattutto il ruolo delle banche, visto che le passività di Evergrande coinvolgono quasi 130 istituti di credito. Proprio per questo la Banca centrale di Pechino è intervenuta immettendo liquidità per 120 miliardi di yuan (circa 18 miliardi di dollari).

Quanto pesano davvero quei miliardi di debiti

Tuttavia, anche se le cifre di cui parliamo sono esorbitanti, prima di farsi prendere da panico bisogna contestualizzarle. I debiti di 300 miliardi di dollari sono una enormità, ma soltanto una parte di questa cifra è costituita da titoli finanziari, che sono quelli più pericolosi in ottica “contagio“.

Secondo un calcolo fatto dagli esperti di Deutsche Bank, un colosso della finanza, i titoli tossici in giro sarebbero pari a 88 miliardi di dollari. Tantissimi per i comuni mortali, ma per il mondo della finanza sono solo lo 0,04% di tutte le obbligazioni onshore. Perfino China Zheshang Bank, uno dei principali creditori di Evergrande (587 milioni di dollari) ha definito “controllabile” il rischio.

Volendo sintetizzare, dal momento che i debiti di Evergrande sono troppo diffusi e anche abbastanza ridotti, l’effetto sistemico è paragonabile ad una punturina di zanzara.
C’è quindi da stare sereni? No, niente affatto. Perché se non si sono rischi finanziari per il sistema, ci sono i rischi reali.

Il vero pericolo del crack cinese

Circa 150 miliardi dei debiti di Evergrande è costituito da impegni verso fornitori o appaltatori. Si contano circa 8000 partner commerciali.
Se la giostra si ferma, questo sì che sarebbe un bel problema.
Pechino sa bene che diventerebbe difficile gestire una situazione in cui 2 milioni di acquirenti di case, improvvisamente vedranno bloccati i lavori (Peraltro, dopo aver sborsato un lauto acconto). Sarebbe difficile contenere l’ira di 8000 imprese che non verranno pagate. Come sarebbe difficile gestire 70.000 persone che hanno acquistato prodotti di gestione patrimoniale legati ai prestiti fiduciari di Evergrande (solo pochi con broker regolamentati). Chi glielo dirà che hanno perso tutto?

Il rischio del crack Evergrande è quindi più che altro sociale, perché potrebbe innescare un diffuso disordine tra i cittadini. La finanza in questo non c’entra nulla.
Per questo motivo c’è da pensare che il Partito Comunista interverrà con qualche soluzione fantasiosa, così da ristrutturare l’impero di Hui Ka Yan. In questa ottica si può dare ragione al principio del “too big to fail“.